E’ il 1938 quan­do l’ad­det­to stam­pa di Ben­ny Good­man, Wynn Nathan­son, pro­po­ne al cla­ri­net­ti­sta e band lea­der nel pie­no del­la sua popo­la­ri­tà di tene­re un con­cer­to alla Car­ne­gie Hall, impor­tan­tis­si­ma sala da con­cer­to a New York. Il con­cer­to, tenu­to nel tem­pio del­la musi­ca col­ta, avreb­be accre­di­ta­to il jazz nel­la buo­na socie­tà ame­ri­ca­na, dopo esse­re sta­to con­si­de­ra­to per anni, insie­me al blues, la “musi­ca del dia­vo­lo”, col­pe­vo­le di sti­mo­la­re gli istin­ti più bas­si del­l’a­ni­mo umano. 

Good­man riu­ni­sce una band impor­tan­te per l’oc­ca­sio­ne. Por­ta con se sul pal­co i suoi musi­ci­sti (tra i qua­li Ted­dy Wil­son, Lio­nel Hamp­ton, Gene Kru­pa) più set­te pre­si dal­le altre due orche­stre più impor­tan­ti del­l’e­po­ca: John­ny Hod­ges, Coo­tie Wil­liams e Har­ry Car­ney del­la band di Duke Elling­ton; Count Basie e i suoi Fred­die Green, Buck Clay­ton, Wal­ter Page e Lester Young.

Il con­cer­to fu regi­stra­to e una matri­ce rega­la­ta a Ben­ny Good­man, che la con­ser­vò dimen­ti­can­do­se­ne; il disco non ven­ne pub­bli­ca­to quin­di fino agli anni ’50 quan­do il cla­ri­net­ti­sta non la ritro­vò per caso.

Una del­le per­le del­la sera­ta è una jam ses­sion di 16 minu­ti, nel­la qua­le i musi­ci­sti si alter­na­no sui chan­ges di Honey­suc­kle Rose, un bel bra­no di Fats Wal­ler.
Qui ripor­tia­mo la tra­scri­zio­ne del pri­mo solo del­la sequen­za, quel­lo di Lester Young al sax alto.
Ricor­dia­mo che sia­mo nel 1938, cioè nel­l’e­ra pre-bop e tut­ta la teo­riz­za­zio­ne didat­ti­ca cir­ca il rap­por­to tra sca­le ed accor­di è anco­ra da venire. 

Come si svol­ge l’im­prov­vi­sa­zio­ne di Lester, già musi­ci­sta matu­ro? (alla data del con­cer­to ave­va 30 anni, essen­do nato nel 1909).
Basta guar­da­re la ste­su­ra del­la tra­scri­zio­ne per nota­re imme­dia­ta­men­te le poche alte­ra­zio­ni, il che signi­fi­ca che Lester si muo­ve essen­zial­men­te in modo oriz­zon­ta­le sul­la strut­tu­ra armo­ni­ca, restan­do pre­va­len­te­men­te nel­l’am­bi­to del­la tona­li­tà d’im­pian­to, gio­can­do con le note degli accor­di come era pra­ti­ca di que­gli anni.
La sua improv­vi­sa­zio­ne, ese­gui­ta con il suo sti­le rilas­sa­to un po’ indie­tro sul tem­po, si svol­ge qua­si sen­za ave­re par­ti­co­la­re riguar­do agli accor­di sot­to­stan­ti, ma sol­tan­to ai cen­tri prin­ci­pa­li dei cam­bi.
E infat­ti, sot­to di lui, Count Basie muo­ve in con­ti­nua­zio­ne le armo­nie, cam­bian­do al volo nume­ro­si accor­di: ad esem­pio suo­nan­do spes­so Cdim7 al posto di Gm7 C7. In par­ti­co­la­re que­sta sosti­tu­zio­ne vie­ne “pen­sa­ta” ed ese­gui­ta anche da Lester, come ad esem­pio a bat­tu­ta 41/42, dove arpeg­gia un Cdim7 sugli accor­di sot­to­stan­ti, che resta­no G‑7 e C7. 

Inte­res­san­te è la sono­ri­tà che ottie­ne a bat­tu­te 6, 7, e in par­ti­co­la­re ogni vol­ta che pas­sa su que­sto pun­to del­la strut­tu­ra, fon­da­men­tal­men­te una sem­pli­ce pro­gres­sio­ne IV V I.
Appa­io­no un Lab e un Mib: cosa sta pen­san­do Lester Young in quei pun­ti?
Quel­la sono­ri­tà la si ottie­ne facil­men­te con la sca­la di Mib ionia, il che avreb­be un sen­so se Lester pen­sas­se il IV gra­do (Bb6) come accor­do di domi­nan­te (Bb7).
Senon­ché nel­la sca­la di Eb abbia­mo una nota di Sib che Lester non suo­na mai quan­do pas­sa su que­gli accor­di, nem­me­no una vol­ta. E poi c’è il Lab che ogni tan­to diven­ta La natu­ra­le.
Que­sto sug­ge­ri­sce un’al­tra ipo­te­si: quan­do pas­sa sul IV e V gra­do, ‘Prez’ pen­sa ad una sca­la blues di Fa di tipo misto (la chia­mo nel­la tra­scri­zio­ne blues miso­li­dia) for­ma­ta dai gra­di 1, 2, b3, 3, 5, 6, b7, e cioè Fa, Sol, Lab, La, Do, Re, Mib. Il che ha mol­to sen­so per­ché impri­me al fra­seg­gio un chia­ro anda­men­to blue­seg­gian­te, pro­prio per l’u­so del­le blue note. 

Il resto del solo è mol­to linea­re, e la sua bel­lez­za si basa soprat­tut­to sul­la ricer­ca melo­di­ca. Fra­si poli­rit­mi­che (come ad esem­pio a bat­tu­ta 9 e a bat­tu­ta 18); cel­lu­le melo­di­che che ripe­te dislo­can­do­le in pun­ti diver­si del­la bat­tu­ta (es: bat­tu­te 23, 24); note ribat­tu­te che “gio­ca” a spo­sta­re rit­mi­ca­men­te (es: bat­tu­te 33/35); fra­si ripe­tu­te nel­le qua­li spo­sta una sola nota per crea­re varie­tà e adat­tar­la a “ipo­te­ti­ci” accor­di sot­to­stan­ti (es: bat­tu­te 37, 38). 

E’ da nota­re l’u­so di pochi arpeg­gi, fon­da­men­tal­men­te la tria­de mag­gio­re sul­l’ac­cor­do di toni­ca, e la tria­de aumen­ta­ta sul­l’ac­cor­do di V (Lester, sul C7, fra­seg­gia fino al sol, sale di un semi­to­no al sol# e da li scen­de con l’ar­peg­gio aumen­ta­to), e l’u­so con­ti­nuo del mor­den­te (Es: bat­tu­te 49, 54, 55). 

Un bel­l’as­so­lo, rap­pre­sen­ta­ti­vo del­la sua epo­ca, dal qua­le ispi­rar­si per fra­seg­gia­re melo­di­ca­men­te in modo oriz­zon­ta­le sfrut­tan­do cel­lu­le melo­di­che riutilizzabili.

Honeysuckel Rose

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